giovedì 30 luglio 2015

Isoflavoni di soia e florizina

Nella donna, fino ai 30 anni, la concentrazione ormonale è caratterizzata da una rapida e costante impennata; in seguito e fino alla menopausa, il livello estrogenico inizia a diminuire in modo lento e irregolare. E queste impercettibili oscillazioni della concentrazione ormonale sono il principale responsabile della comparsa di accumuli di adipe in alcuni punti critici come braccia e fianchi. Oggi la ricerca ha individuato le sostanze che aiutano a dimagrire anche dopo i trent’anni. Sono gli isoflavoni della soia, ancora più efficaci se abbinati alla florizina.
 
 
 
Isoflavoni e florizina: che cosa sono
Gli isoflavoni della soia sono la tipologia di fitoestrogeno più simile agli ormoni femminili, e dunque la soluzione naturale più adatta per contribuire a compensare gli effetti di un andamento ormonale oscillante che causa aumento di peso. La florizina è una molecola estratta dalla buccia della mela: simile agli isoflavoni della soia dal punto di vista organico, si comporta come un passepartout che dispone positivamente l’intestino alla loro assunzione, amplificando l’azione dimagrante degli isoflavoni.
La florizina e gli isoflavoni della soia contribuiscono a compensare gli effetti di un quadro ormonale non equilibrato. Questo permette ai messaggi veicolati dagli ormoni di raggiungere correttamente gli organi, proprio come succedeva prima dei trent’anni, e di “ricordare” al corpo come faceva a dimagrire quando era più giovane. Questo porta non solo a un evidente dimagrimento, ma addirittura a una redistribuzione armoniosa delle masse grasse del corpo.
Quando utilizzarli
Nella donna che ha superato i trent’anni – e ancor di più nella donna in menopausa – che facilmente tende a prendere peso, è necessario intervenire in modo efficace sui depositi adiposi sottocutanei presenti nei punti critici (gambe, fianchi, braccia, addome…). E l’assunzione di appositi integratori che contengono questa super coppia dimagrante permette di ridurli visibilmente.
Come assumerli
Prima di tutto ricordiamo che l’assunzione di integratori finalizzati alla riduzione del peso corporeo deve essere fatta all’interno di un programma alimentare adatto per il dimagrimento concordato con un dietologo o nutrizionista esperto. Inoltre, per stimolare il metabolismo non deve mancare l’attività corporea praticata regolarmente. Seguendo queste indicazioni, l’uso di un integratore di florizina e isoflavoni della soia, potenziato dalla presenza nello stesso prodotto di fermenti lattici che predispongono l’intestino all’assorbimento dei principi attivi, dà ottimi risultati.

domenica 26 luglio 2015

Anemia, cause e rimedi naturali

Si parla di anemia nel momento in cui nel sangue venga riscontrata una presenza di globuli rossi insufficiente a trasportare verso i tessuti dell'organismo un quantitativo di ossigeno adeguato. Le forme di anemia esistenti sono differenti e ci si può trovare di fronte sia a situazioni passeggere che di tipo cronico.
Tra le cause dell'anemia vi possono essere carenze di tipo alimentare, dovute ad una dieta povera di ferro, acido folico, vitamina B12 e vitamina C. Vitamina B12 e acido folico, in particolare, sono ritenuti necessari per la formazione di globuli rossi sani. A contribuire alla comparsa dell'anemia possono inoltre concorrere malattie gravi che interessano i reni ed il midollo osseo. Vi possono essere inoltre problemi nell'assorbimento della vitamina B12, emorroidi, emorragie interne e scarsa assunzione e/o assorbimento di ferro.

Sintomi dell'anemia

Tra i sintomi vi sono difficoltà respiratorie, pallore, problemi digestivi, accelerazione immotivata del battito cardiaco, sensazione di spossatezza prolungata e sensazione di freddo a livello delle mani e dei piedi, oltre a gengive sanguinanti e irritate, mal di testa ed irritabilità. I medesimi sintomi vengono attribuiti ad una vera e propria carenza di ferro, che può essere recuperato tramite un mutamento delle abitudini alimentari e grazie ad alcuni rimedi naturali.
Alcuni rimedi naturali.
 
 
Alcune modifiche dell'abituale stile alimentare ed alcune integrazioni naturali dello stesso possono contribuire al miglioramento di una condizione di anemia provocata da carenza di ferro causata da una dieta povera di tale minerale o di vitamina C, la cui assunzione può incrementarne la capacità di assorbimento da parte dell'organismo.









 
Eliminare te' e caffe'
Il tè ed il caffè ostacolano l'assorbimento del ferro, soprattutto se consumati durante i pasti o nelle loro vicinanze. Il tè diminuisce l'assorbimento del ferro del 64%, mentre il caffè lo riduce del 39%. Si tratta di dati da non sottovalutare. Il fenomeno è dovuto all'elevato contenuto di tannini di tali bevande. E' dunque raccomandabile eliminarle o limitarle fortemente in caso di anemia sostituendole con tisane, acqua e spremute che possano favorire l'assorbimento del ferro.
Succo d'arancia e di limone
Il succo d'arancia ed il succo di limone, così come tutti gli alimenti ricchi di vitamina C, contribuiscono a favorire l'assorbimento del ferro. Sarebbe dunque opportuno incrementare l'apporto di tale vitamina attraverso il consumo dispremute fresche di agrumi e mediante l'utilizzo di succo di limone per il condimento di insalate e verdure a foglia verde, come gli spinaci, ricchi di ferro di origine vegetale (ferro non EME). E' consigliabile consumare nello stesso pasto cibi ricchi di ferro (come legumi, spinaci, barbabietole, broccoli e cavoli) e alimenti apportatori di vitamina C.
 
Limitare latticini e cioccolato
Il cioccolato, così come il vino, il caffè ed il tè sopracitati diminuiscono l'assorbimento del ferro per via del loro contenuto di tannini. I latticini invece lo ostacolano per via del loro elevato contenuto di calcio. Per questo motivo è sconsigliabile unire nello stesso pasto latticini ed alimenti ricchi di ferro.
Mela chiodata
Una mela al giorno leva il medico di torno e consumare quotidianamente questo frutto fresco contribuisce ad incrementare l'apporto di vitamine e sali minerali benefici per l'organismo. La mela è inoltre oggetto di un rimedio naturale utilizzato sin dal Medioevo in caso di anemia, denominato "mela chiodata". Esso consiste nell'inserire dei chiodi di ferro in una mela per 24 ore. Dopodiché essi verranno eliminati per utilizzarli su di una nuova mela, e la mela chiodata potrà essere consumata.
Ortica
L'ortica è un erba spontanea dalle proprietà rimineralizzanti, che si distingue per il significativo contenuto di ferro, presente soprattutto nelle sue foglie. La principale proprietà benefica dell'ortica consiste nell'essere considerata unapianta antianemica, in grado cioè di stimolare la produzione dei globuli rossi, per via del suo contenuto di ferro e di vitamina C. Le foglie di ortica possono essere utilizzate per la preparazione di decotti, risotti, zuppe e minestre, oltre che di rimedi erboristici curativi.
Barbabietola rossa
Il consumo di barbabietole rosse e del loro succo crudo è ritenuto come particolarmente indicato per coloro che soffrono di anemia. In caso di anemia può essere utile assumere per un mese due bicchieri di succo di barbabietola al giorno, in quanto esso viene considerato un eccellente ricostruttore degli elementi del sangue.
 
 
 
 
 

venerdì 24 luglio 2015

Lo Zenzero informazioni di base.

Lo zenzero è una pianta molto conosciuta anche in occidente.
Le sue origini però riportano fino all’Asia orientale e vedono lo Zingiber officinalis conosciuto già dall’antichità da cinesi, indiani e arabi. Il suo arrivo in Europa è in epoca Romana, dove si afferma da subito per il suo aroma caratteristico e il sapore piccante. All’interno della sua radice si possono trovare, oltre all’olio essenziale, la gingerina, lo zingerone, resine e mucillagini. Molte le sue proprietà curative a beneficio dell’apparato digerente, ma non solo.

In ambito alimentare come in quello curativo è la radice di zenzero a essere utilizzata, sia fresca che in polvere. Appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, la stessa a cui appartiene il cardamomo, questa pianta si presenta con due file di foglie a forma ellittica con estremità appuntita (anche dette lanceolate) e fiori bianco o rossi in spighe. Molto particolare la forma dei rizomi o radici, dalla forma tozza e irregolare e un colore tendente al beige.



Proprietà curative

Arrivato nel nostro Paese grazie ai Persiani, lo zenzero viene impiegato già dai Romani per le sue capacità digestive. La sua radice favorisce la digestione in particolare di proteine e carboidrati, oltre a contribuire alla riduzione dei gas intestinali. Utile rimedio naturale contro la dispepsia, digestione lenta e difficoltosa accompagnata da dolori addominali, questa pianta vanta anche proprietà carminative contro flatulenza e meteorismo. Sempre per quanto riguarda l’intestino, lo Zingiber officinalis contribuisce a riequilibrare la flora batterica e la sua azione contrasta gli effetti di colite, diarrea e stitichezza


Lo zenzero ha inoltre specifiche capacità antispasmodiche per quanto riguarda i dolori muscolari e di stomaco, oltre a risultare un potente alleato anche nei casi di inappetenza. La sua azione stimolante non si esaurisce però alla sfera dell’appetito, ma coinvolge l’intero organismo donando nuove energie in caso di affaticamento. Le sue proprietà possono garantire, se consumato con regolarità, un sostegno anche nel trattamento di sindromi da perdita di memoria.

Oltre che per le sue proprietà digestive e rivitalizzanti, lo zenzero è molto noto anche per il suo effetto antiemetico. La sua azione si mostra efficace soprattutto nei casi di malesseri come il mal d’auto o il mal di mare, ma anche nell’eventualità di nausea derivata da gravidanza. Utile un consumo regolare come condimento, specialmente nei giorni precedenti alla partenza in caso di viaggio.

Molto importante si rivela lo zenzero, secondo la medicina popolare tradizionale, per chi soffre di ulcere e gastriti. Alla sua azione benefica nei confronti della circolazione sanguigna, le sostanze in esso contenute si dimostrerebbero valide anche per quanto riguarda l’attività antinfiammatoria. Alcuni studi hanno invece evidenziato la sua azione protettiva e lenitiva contro l’infiammazione della mucosa gastrica e un’importante opera di prevenzione, in caso di assunzione di prodotti fan (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), della formazione di fenomeni ulcerativi.

Non trascurabili sono infine alcune ulteriori proprietà riconosciute allo zenzero come un’azione benefica nei confronti dei reumatismi e nel trattamento del mal di testa. Alla sua radice sono associate, sia in polvere che fresca, proprietà antiossidanti.

lunedì 20 luglio 2015

Definiamo il Carico Glicemico in relazione all'indice glicemico

Il carico glicemico è relazionato all’indice glicemico tramite la semplice formula
CG= (IG*g carboidrati)/100.
Il carico glicemico è fondamentale per avere un parametro pratico nella valutazione dell’effetto dei carboidrati assunti con l’alimentazione. Infatti è relazionato all’insulina che viene rilasciata per riportare la glicemia a valori normali.
 
Infatti la definizione di indice glicemico ha portato alla ridicola demonizzazione di alcuni cibi (come per esempio banane, carote, patate) prima che si capisse che ciò che conta è sempre l’aspetto quantitativo del problema definito dal carico glicemico. In altri termini, come per ingrassare conta la quantità di alimento che si mangia, così per l’attivazione del meccanismo dell’insulina conta la quantità di cibo glicidico che si assume: il fruttosio ha un indice glicemico che è un terzo di quello dello zucchero comune, ma 30 g di fruttosio provocano un rilascio insulinico maggiore di 8 g di zucchero. Pertanto è fondamentale capire la definizione di carico glicemico, ottenuto moltiplicando la quantità del carboidrato considerato per il suo indice glicemico. 30 g di fruttosio danno un carico di 30×23/100=69 mentre 8 g di zucchero danno 8×67/100= 53,6.
Con un’analogia, l’indice glicemico sta al carico glicemico come il peso specifico sta al peso di un materiale. Il peso specifico del ferro è maggiore di quello dei mattoni, ma è meno doloroso se ci cade sul piede una moneta di ferro che un mattone!
Il paragone fra fruttosio e zucchero è però troppo semplice perché entrambi sono carboidrati puri. Cosa accade quando consideriamo due alimenti diversi A e B? Occorre moltiplicare l’indice glicemico per la quantità di carboidrati in essi contenuti.
Per esempio confrontiamo 500 g di uva con 50 g di biscotti secchi. L’uva ha indice glicemico circa 55, mentre i biscotti circa 65.
I 500 g di uva contengono circa 75 g di carboidrati quindi il carico glicemico è 75×55/100= 412,5
I 50 g di biscotti contengono circa 35 g di carboidrati quindi il carico glicemico è 35×65/100= 227,5, nettamente inferiore a quello dell’uva.
Il semplice esempio mostrato indica come possa essere fuorviante generalizzare (per esempio ritenere che la frutta sia sempre meglio dei biscotti) senza verificare di volta in volta il caso particolare (tipo di alimento e quantità).

giovedì 16 luglio 2015

Carboidrati, quali scegliere in base all'indice glicemico

I carboidrati fanno bene alla salute e sono necessari a fornire energia al nostro organismo. Gli esperti lo confermano e raccomandano di porre attenzione all'indice glicemico. Un indice glicemico più basso implica una minore quantità di insulina in circolo nell'organismo ed un lavoro più leggero per il pancreas.
 
 
Eliminare i carboidrati nel tentativo di dimagrire è sbagliato, ma potrebbe essere utile, soprattutto a chi vuole mantenere la linea, imparare a preferire gli alimenti con carboidratii che presentano un indice glicemico inferiore. L'esempio più semplice? La nostra amata pasta.
La pasta di semola di grano duro, se cotta al dente, presenta un indice glicemico di 45. Questo valore può aumentare se la cottura viene prolungata ed un discorso analogo vale anche per altri alimenti, ad esempio per il riso. Gli esperti suddividono gli alimenti in tre categorie a seconda del loro indice glicemico (IG).
Il valore di riferimento principale per l'indice glicemico è dato dal glucosio, al quale viene attribuito un IG pari a 100. I carboidrati ad IG alto hanno un valore da 70 in su. L' IG medio è compreso tra 56 e 69. Gli alimenti ad IG basso presentano un valore minore di 56. Dunque, la pasta di semola di grano duro cotta al dente ha un IG che può essere considerato basso.
L'indice glicemico misura la rapidità con cui il valore della glicemia nel sangue sale dopo aver assunto un alimento contenente 50 grammi di carboidrati. E' bene tenere conto che le farine integrali presentano un IG minore rispetto alle farine raffinate. Tra i cereali con IG più basso troviamo l'orzo.
Un alimento dal comportamento insolito di cui tenere conto sono le patate. Attenzione alla loro cottura. Le patate cotte al microonde hanno un IG di 117, se sono cotte al vapore l'IG è di 93, mentre l'IG di quelle lessate è pari a 77. Per quanto riguarda il riso, il suo IG può essere molto alto, anche di 104, ma se scegliamo il riso basmati, ad esempio, l'indice glicemico è solo di 53.
Uno stratagemma per ridurre l'indice glicemico della propria dieta? Inserire nei propri pasti alimenti ricchi di fibre. A suo parere, è bene che nella dieta siano presenti cereali non raffinati e legumi, come fagioli (IG 21-32), ceci (IG 22-34) e lenticchie (IG 42). Le nuove indicazioni sui carboidrati giungono dai massimi esperti internazionali di alimentazione, che hanno firmato il primo Documento Internazionale sull'Indice Glicemico.

 

lunedì 13 luglio 2015

La disidratazione cos'e? come si contrasta...

La disidratazione è una condizione patologica che si viene a creare nel momento in cui l’organismo è carente di acqua a motivo di una perdita eccessiva (diarrea, iperidrosi, ustioni, vomito, assunzione di farmaci diuretici o lassativi, abitudini dietetiche scorrette ecc.) oppure a causa di una insufficiente idratazione. Come è noto, l’acqua è il principale componente dell’organismo umano, l’acqua ne costituisce infatti circa il 65%, un dato ovviamente medio, dal momento che sono notevoli le variazioni individuali (a livello muscolare il contenuto di acqua è maggiore rispetto a quello della massa grassa); l’acqua è presente sia a livello intracellulare sia extracellulare sia intravascolare.
 
L’acqua viene eliminata dall’organismo attraverso varie forme, le più note sono le urine e il sudore, ma l’espulsione dell’urina e la sudorazione non sono gli unici processi attraverso i quali l’organismo umano elimina l’acqua. Ovviamente queste perdite di liquido devono essere necessariamente reintegrate, pena un non corretto funzionamento delle reazioni dell’organismo che, come sappiamo, avvengono tutte in soluzione acquosa. È cosa risaputa che non è possibile assicurare la sopravvivenza di un organismo se esso non viene rifornito di acqua per più di un certo numero di giorni.
Un essere umano in condizioni di riposo e a una temperatura di circa 20 °C perde circa un 1 ml di acqua al minuto; in determinate condizioni (attività fisica, aumento della temperatura ecc.), soprattutto a motivo della sudorazione, la perdita per minuto può diventare molto più consistente (anche 25 ml al minuto).
Le tipologie di disidratazione
Vengono distinte tre tipologie di disidratazione:
  • disidratazione ipertonica
  • disidratazione isotonica
  • disidratazione ipotonica.
Si ha disidratazione ipertonica se l’introito di liquidi non consente di reintegrare efficacemente le perdite e si ha una maggiore eliminazione di acqua che di sali.
Si ha  disidratazione isotonica quando l’organismo accusa una perdita di acqua e di sali minerali in proporzioni equilibrate; è il caso della disidratazione provocata da diarrea, vomito o sudorazioni particolarmente intense.
Si ha disidratazione ipotonica se, proporzionalmente, si perdono più sali che acqua; uno dei motivi di tale tipo di disidratazione è da ricercarsi nell’abuso di farmaci diuretici. La disidratazione ipotonica è molto pericolosa perché può causare iponatremia.
Sintomi e conseguenze della disidratazione
I sintomi di un quadro di disidratazione possono essere suddivisi secondo un quadro soggettivo e uno oggettivo. Tra i sintomi di tipo soggettivo rientrano
Tra i sintomi di tipo oggettivo ricordiamo:
  • ipotensione
  • ipovolemia
  • secchezza di cute e mucose
  • variazioni nel quadro elettrolitico.
La disidratazione può avere conseguenze molto serie. Un organismo che si sta disidratando risponde bloccando, o comunque limitando, il meccanismo della sudorazione; una reazione difensiva che tende a risparmiare il poco liquido ancora presente; la mancata sudorazione però porta a lungo andare a problematiche a livello di termoregolazione e può essere causa del cosiddetto colpo di calore. Un’altra seria conseguenza della disidratazione è l’ipovolemia, ovvero la diminuzione della volemia, il volume totale del sangue; in caso di ipovolemia, la circolazione sanguigna risulta alterata provocando un affaticamento cardiaco che, nei casi più gravi, può portare a un collasso cardiocircolatorio. Altre conseguenze possono essere l’iponatremia, disturbi gastrointestinali, allucinazioni, infarto ecc.
I soggetti a rischio di disidratazione
I bambini, le persone anziane e gli sportivi sono da considerarsi categorie a rischio di disidratazione. L’organismo dei bambini è composto da una percentuale di acqua mediamente maggiore di quella degli adulti; i soggetti che sono più sottoposti al rischio di una seria disidratazione sono i neonati in quanto più soggetti a gastroenteriti virali.
Nelle persone anziane i rischi maggiori sono legati al fatto che, generalmente, lo stimolo della sete risulta diminuito e dal fatto che alcune persone anziane limitano l’introito di liquidi per timori legati all’incontinenza urinaria.
Le persone infine che praticano attività sportiva a intensità medio-alta sono ovviamente più soggette a rischio di disidratazione a causa della notevole perdita di liquidi che si verifica con la sudorazione.
Le terapie per la disidratazione
In caso di disidratazione ipertonica è necessario somministrare (per bocca o per infusione) soluzioni con un basso contenuto di sali. È decisamente sconsigliata la somministrazione di acqua pura perché ciò potrebbe portare a squilibri osmotici molto seri.
In caso di disidratazione isotonica si dovranno somministrare soluzioni contenenti elettroliti (sodio, potassio ecc.) in modo da far sì che l’osmolarità torni a essere normale. La semplice somministrazione di acqua avrebbe il solo effetto di diluire il plasma, ma non apporterebbe i sali che sono andati perduti.
In caso di disidratazione ipotonica è consigliabile somministrare una soluzione salina ipertonica al 3%.

mercoledì 8 luglio 2015

Sciatica: alcuni rimedi naturali

Il termine sciatica sta a indicare un’infiammazione piuttosto dolorosa localizzata in uno o entrambi gli arti inferiori. Trae il suo nome dalla parte soggetta al disturbo ovvero il nervo sciatico, noto anche come ischiatico.
La sciatica è un problema che può caratterizzare l’intero arto interessato, in quanto il nervo sciatico si estende lungo tutta la gamba, dai piedi fino al gluteo. Un altro termine di solito utilizzato per ricondurre a questo disturbo è quello di sciatalgia.
 
 
L’infiammazione del nervo sciatico può essere causata da una cattiva e prolungata postura, da ernie discali, sedentarietà o ad esempio anche dalla cosiddetta sindrome piriforme, nota anche come “falsa sciatalgia”. La patologia può essere inoltre indotta da traumi alle gambe.
Nel caso si sia verificata una vera e propria sciatica alcuni rimedi naturali possono venire in soccorso, da un lato limitando la sintomatologia dolorosa e dall’altro riducendo l’infiammazione stessa.
Entrambi possono essere assicurati da un rimedio naturale come il ribes nigrum, dotato sia di proprietà antinfiammatorie che analgesiche che lo rendono un ottimo surrogato di FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) e farmaci cortisonici. Simili effetti sono poi garantiti dall’artiglio del diavolo e dal salice bianco.
L’artiglio del diavolo rappresenta un’ottima soluzione nel caso di infiammazione muscolo-scheletrica così come nell’eventualità che questo avvenga per il nervo sciatico o ischiatico. Presenta però alcune possibili controindicazioni legate al dosaggio ed è quindi consigliato ricorrervi dietro consulto del proprio medico curante, rispettandone in maniera scrupolosa le dosi consigliate.
Attenzione alle dosi da prestare anche per quanto riguarda il salice bianco, di norma associato agli effetti assicurati dall’aspirina (del quale rappresenta un sostituto naturale). Possiede proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche e come il farmaco se ne raccomanda l’assunzione a stomaco pieno. Svolge inoltre un’azione anticoagulante e deve essere assunto con particolare cautela dai soggetti più sensibili.
Tra gli altri rimedi consigliati troviamo l’arnica montana, con cui è possibile preparare degli impacchi utilizzando tintura madre al 10-20% (evitare in ogni caso il contatto con eventuali ferite), oltre all’argilla verde, facile da preparare e utilizzare.
In caso di traumi alle gambe è bene per i primi due giorni porre degli impacchi freddi sulla parte dolorante, per ridurre l’evolversi del problema. Trascorso questo periodo si passerà alla “terapia del calore“: riscaldando la parte diminuirà il dolore e si accelererà il processo di guarigione.
Correggere infine se necessario la propria postura e pratica una leggera attività di stretching ogni giorno, avendo cura di evitare movimenti bruschi e di sforzare in maniera eccessiva l’arto.