martedì 30 giugno 2015

Biotina: un coenzima necessario, Fondamentale per la salute di pelle, capelli e non solo…

La biotina, una delle vitamine meno conosciute del gruppo B.
Oggi la biotina è riconosciuta come un coenzima necessario per una serie di funzioni corporee basilari: è implicata nel metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei grassi, specialmente gli acidi grassi insaturi. Attiva in ogni parte del corpo, questa vitamina è necessaria per una crescita normale e le sue funzioni fisiologiche comprendono la buona conservazione della pelle, dei capelli, dei nervi, delle ghiandole sebacee, del midollo spinale e delle ghiandole sessuali.



La biotina è contenuta in una quantità di sostanze alimentari  e può essere fabbricata negli intestini sia di animali che di umani. Di conseguenza una sua totale carenza è un evento alquanto raro. Tuttavia possono presentarsi delle carenze che possono creare un reale problema sanitario.

Gli alimenti ricchi di biotina

Riso grezzo ( integrale), rognone, manzo, fiocchi d’avena, latte, pesce, pollo, semi oleosi (noci, mandorle nocciole, ecc.) agnello, frumento bulgaro, vitello, lievito di birra, rosso d’ uovo, formaggio, fegato.
  • Come vedete la biotina si trova in molti cibi, ma vi sono dei fattori che ne possono influenzare l’assorbimento:
  • Come per quasi tutte le vitamine del gruppo B, la cottura produce delle perdite.
  • La presenza di avidina diminuisce l’ assorbimento di biotina.
  • L’uso di antibiotici e sulfamidici distrugge la flora intestinale che ne induce l’assorbimento
  • Anche gli antibiotici che somministrano al bestiame aumenta la possibilità che le carni e i derivati contengano meno quantità di biotina rispetto al passato
Ad ogni modo, oltre che nelle carni, fortunatamente la troviamo nel tuorlo d’uovo, nel lievito di birra e in molte qualità di semi, frutta secca, e nel pesce

Se avete il sospetto di avere una carenza di biotina affidatevi ad un integratore di biotina di ottima qualità, tenendo presente che oggi anche alcuni multi-vitaminici (ma solo quelli di ottima qualità, naturali e biologici) contengono anche la biotina.




sabato 27 giugno 2015

Vitamina B2 poco conosciuta ma come tutte le vitamine del gruppo B molto importante per il nostro metabolismo energetico

Idrosolubile come tutte le vitamine del gruppo B, la vitamina B2 (o riboflavina) è essenziale per molte funzioni del metabolismo, specie quelle riguardanti i tessuti.

Mantiene infatti in buona salute le mucose respiratorie e digestive, oltre a contribuire all'integrità del sistema nervoso, della pelle e degli occhi. Utile alla promozione dello sviluppo e della crescita, la vitamina B2 attiva gli enzimi coinvolti in diverse reazioni del nostro organismo.

Lo sapevi che la vitamina B2 aiuta anche a rinforzare le difese immunitarie? 



Fonti alimentari

La vitamina B2 è contenuta nel lievito di birra, nelle interiora di manzo, in latte, yogurt e formaggio, nel pollo e nelle mandorle.

Non viene immagazzinata, deve pertanto essere assunta giornalmente. Viene assimilata attraverso le pareti dell'intestino tenue e trasportata dal sangue ai tessuti. È degradata dalla luce, ma non dalla cottura. Si distrugge se associata al bicarbonato di sodio.

Il suo assorbimento è ridotto anche dal consumo di alcolici, di tabacco, di zucchero in eccesso e dal caffè. Da ricordare che anche i contraccettivi orali possono indurre una carenza di vitamina B2.



Attività

La riboflavina è importante per il metabolismo energetico, per il buon funzionamento per pelle, unghie e capelli sani e, soprattutto per il buon funzionamento della vista. Può essere utile nella prevenzione e nel trattamento della cataratta.

La vitamina B2 aiuta l'assorbimento del ferro e della vitamina B6. È utilizzata per la formazione di globuli rossi nel sangue, la produzione di anticorpi, la respirazione cellulare e la crescita.

Il fabbisogno cresce nei periodi di rapida crescita e in caso di elevata assunzione di proteine.

Carenza

Tra i sintomi che possono indicare una carenza di vitamina B2 ci sono problemi alla pelle e alle mucose, come screpolature agli angoli della bocca, prurito intorno al naso, alle orecchie e al cuoio capelluto, glossite, stomatite, bruciore agli occhi ed eccessiva sensibilità alla luce.

Una grave carenza di riboflavina è rara e spesso si verifica con le altre carenze di vitamine B. Oltre ai sintomi sopra descritti compare perdita dell'appetito, debolezza, stanchezza, depressione, anemia, perdita della vista.





mercoledì 24 giugno 2015

Torniamo alle Vitamine.....oggi B3, ACIDO NICOTINICO,NIACINAMIDE, NICOTINAMIDE)


 

 

 La niacina fa parte del complesso B ed è idrosolubile. Risulta più stabile della tiamina o della riboflavina ed è molto resistente al calore, alla luce, all’aria, agli acidi e agli alcali. Vi sono anche tre forme sintetiche di niacina: la niacinamide, l’acido nicotinico (conosciuto per la sua capacità di abbassare il colesterolo) e la nicotinamide. In qualità di coenzima la niacina, come la riboflavina e la tiamina, aiuta gli enzimi nella scomposizione delle proteine, dei grassi e dei carboidrati. La niacina può essere prodotta dal corpo a partire dalle proteine (dall’aminoacido triptofano).

        La niacina è un efficace disintossicante (anche per narcotici e alcool). I ricercatori (che l’hanno sperimentata nell’ambito delle ricerche sul tumore del pancreas) ritengono che la niacina sia un composto chemio-preventivo, una sostanza nutritiva che non può curare il tumore, ma che può prevenirlo. La niacina è efficace per la circolazione e la riduzione del tasso di colesterolo nel sangue. E’ vitale per una corretta attività del sistema nervoso, per il mantenimento della salute della pelle e della lingua e per la formazione dei tessuti del sistema digestivo. E’ necessaria per la sintesi degli ormoni sessuali.
Nella maggior parte dei cibi sono presenti quantità relativamente basse di niacina pura. Il “niacino-equivalente” presente nelle tabelle dietologiche significa niacina pura o un’adeguata dose di triptofano, che può essere trasformato in niacina dall’organismo. Carni magre, pollame, pesce ed arachidi sono ricche fonti di niacina e di triptofano, così come integratori alimentari quali lievito di birra, germe di grano e fegato essiccato. La niacina si può difficilmente ricavare da altri cibi.

   La niacina viene assorbita nell’intestino ed immagazzinata soprattutto nel fegato.
Qualsiasi dose eccedente viene eliminata con le urine. Un eccessivo consumo di zucchero e amidi impoverisce la quantità di niacina nell’organismo, così come accade con certi antibiotici. Le carni magre, il pesce e il pollame sono buone fonti. La vitamina B3 è disponibile sotto forma di integratore alimentare sia come acido nicotinico o come nicotinamide (niacinamide). Quest’ultime sono le forme che non causano l’arrossamento conseguente all’assunzione di grosse dosi di niacina.

 

 I sintomi da carenza di niacina sono molti. Nella prima fase si manifestano debolezza muscolare, stanchezza generale, perdita dell’appetito, cattiva digestione e svariate eruzioni cutanee. La carenza di niacina può causare anche alito cattivo, piccole ulcere, insonnia, irritabilità, nausea, vomito, mal di testa ricorrente, gengive sensibili, bruciori alla bocca e alla lingua, tensione e profonda depressione. Una grave carenza di niacina può causare la pellagra, caratterizzata da dermatiti, diarrea, pelle rugosa e infiammata, tremori, disordini nervosi e demenza. Molte disfunzioni digestive che causano irritazione e infiammazione alle mucose della bocca e del tratto intestinale sono dovute a carenza di niacina.

 La cosa sorprendente a proposito della niacina è la velocità con la quale può curare le disfunzioni. Una diarrea può essere curata in due giorni. L’aterosclerosi, gli attacchi di sindrome di Ménière (vertigini) ed alcuni casi di sordità progressiva sono migliorati e persino scomparsi. La niacina è spesso usata per abbassare la pressione sanguigna alta e per migliorare la circolazione nelle gambe di persone anziane che presentano crampi e dolori. Contribuisce anche a stimolare la produzione di acido cloridrico per aiutare una digestione difettosa. L’acne è stata trattata con successo con la niacina. Sebbene non siano stati effettuati studi in proposito, si ritiene che un aumento della niacina nell’alimentazione sia positiva per i diabetici.

 La niacina è molto importante per il metabolismo del cervello. Alcuni scienziati hanno scoperto che la niacina può curare la pellagra. Se somministrata ad alte dosi, la niacina può portare ad una scomparsa completa del delirio in un periodo che va dalle 24 alle 48 ore. Ecco perché si ritiene che i malati di schizofrenia possano trarre vantaggio dall’assunzione di alte dosi di niacina. In alcuni studi, la niacina, insieme con altre vitamine aiuta a curare sintomi della schizofrenia, quali paranoia e allucinazioni. Massicce dosi di niacina hanno aiutato i pazienti anziani che erano mentalmente confusi.

 

  La niacina può aiutare per la riduzione del peso grazie alla sua capacità di elevare e stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue. Per questa ragione è utile anche per gli ipoglicemici. I fumatori possono trarre beneficio dalla niacina perché essa funge da vasodilatatore e rimuove i lipidi dalle pareti delle arterie, azione opposta da quella della nicotina. La perdita di fluidi da gravi ustioni può essere limitata dalla niacina. Molti individui sofferenti di insonnia rispondono bene all’effetto calmante della niacina. La niacina è stata molto efficace nel trattamento dell’artrite. Pazienti sofferenti di artrite hanno riscontrato una maggiore mobilità delle articolazioni, una diminuzione della rigidità e del dolore, così come un’aumento della potenza muscolare e la diminuzione del senso di fatica, con l’assunzione di niacina. In molti casi è necessario un trattamento lungo per ottenere i migliori benefici.

 

 La niacina può ridurre gli effetti di allucinogeni come LSD e mescalina. Per le sue proprietà calmanti, la niacina può ridurre la quantità di tranquillanti da assumere o, addirittura, sostituirli. La niacina può avere effetti positivi nel controllo dell’etilismo. La niacinamide riduce il tartaro dei denti. La malattia di Crohn migliora con la somministrazione di niacinamide, vitamina C, E, B6 e pirodossina. La niacina dà risultati positivi anche nel caso di osteoartrite.
 

 

sabato 20 giugno 2015

Il Grano Timilia


Il grano timilia è un’antica varietà tardiva di grano duro coltivata ormai solo in esigue zone della Sicilia centro-occidentale. E’ una varietà di frumento con cariosside scura che resiste bene alla siccità. In Sicilia, ma anche nel resto d’’Italia, è conosciuto con i nomi di dialettali: tumminia, timminia, trimminia.
 
 

 Si tratta di una varietà antica di grano duro a ciclo breve, si semina a marzo nelle zone collinari e per questo motivo è chiamato anche grano marzuolo.   La farina di timilia contiene molti oligoelementi del germe di grano e della crusca e presenta un alto valore proteico e un basso indice di glutine. Questa farina è molto indicata per la panificazione, in aggiunta con altre semole siciliane, ma deve essere consumata in tempi relativamente brevi (circa 4 mesi) per non perdere le sue qualità organolettiche.

 La farina di timilia, dopo la molitura, presenta un colore grigiastro, diverso dalle farine commerciali e viene impiegata anche per la produzione di pasta artigianale fresca e secca.   Il pane di farina timilia è molto profumato, con un buon apporto nutrizionale e grazie all’’impiego delle paste acide (lievito naturale) ha una lunga durata, si conserva per alcuni giorni morbido e profumato.  Viene utilizzato per la preparazione della miscela del pane nero di Castelvetrano, Presidio Slow Food, oltre che per la pasta fresca. Il grano timilia era diffuso fino ai primi anni del XX secolo in tutte le aree del Meridione in quanto resiste a temperature molto alte, era coltivato già nel periodo greco con il nome di trimeniaios. La coltivazione è stata ora abbandonata a favore di grani più redditizi. Per questo il grano timilia rischia di scomparire. 

E’ importante saper che consumo abituale ed esclusivo di farina 00, la più diffusa sia in ambito domestico sia dall’industria, rappresenta un pericolo per la nostra salute, perché la totale mancanza di fibre rende gli amidi facilmente assimilabili e di conseguenza la glicemia sale rapidamente; questo determina un altrettanto rapido innalzamento del livello di insulina, l’ormone necessario per far entrare il glucosio nelle cellule e utilizzarlo per produrre energia. Livelli costantemente elevati di glicemia e di insulina posso predisporre, con il trascorrere del tempo, allo sviluppo di patologie metaboliche come l’obesità e il diabete mellito tipo II, cardiovascolari e aumentare il rischio di neoplasie. 

La Farina di Timilia  invece,  ha il grande vantaggio di mantenere intatti i nutrienti presenti nel germe, “l’anima” dei chicchi fonte di sali minerali, aminoacidi e vitamine, e la crusca, che costituisce la parte più esterna del chicco , che contiene le fibre.

E’ quindi un’alternativa sana e naturale per tutti coloro che non vogliono rinunciare alle farine e farinacei.

 

giovedì 18 giugno 2015

Ernia cervicale, sintomi possibili rimedi

L’ernia cervicale (o, più correttamente, ernia discale cervicale) è una patologia a carattere benigno, ma che può risultare decisamente invalidante perché in molti casi è accompagnata dalla comparsa di un dolore molto intenso che costringe il soggetto all’inattività, inattività che, in alcuni casi, è addirittura causa di un aggravamento della sintomatologia dolorosa. Appare quindi ovvio che l’ernia cervicale, pur non potendo essere considerata una patologia particolarmente grave, è pur sempre una condizione che può diminuire drasticamente la qualità della vita del soggetto che ne è colpito, sia in ambito lavorativo sia per quanto riguarda tutti gli altri aspetti del vivere quotidiano, dalle relazioni sociali, al divertimento, all’attività fisica ecc.






Le cause dell’ernia cervicale
Per comprendere meglio il fenomeno ernia cervicale, e conseguentemente le cause del suo manifestarsi, è opportuno effettuare un breve ripasso relativo all’anatomia della regione cervicale; quest’ultima è la parte più mobile e delicata della colonna vertebrale; essa consta di 7 vertebre (vertebre cervicali, da C1 a C7) che sono distinguibili in una regione superiore e in una regione inferiore. Si parla quindi di rachide cervicale superiore, costituito da atlante (C1) ed epistrofeo (C2), e di rachide cervicale inferiore che è costituito dalle 5 vertebre cervicali rimanenti (da C3 a C7). Atlante ed epistrofeo sono vertebre molto diverse dalle altre al fine di permettere i movimenti della testa. Interposti tra una vertebra e l’altra troviamo i cosiddetti dischi intervertebrali, giunzioni fibrocartilaginee che fungono da ammortizzatori; tra atlante ed epistrofeo, le due vertebre del rachide cervicale superiore non è presente alcun disco intervertebrale.
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I dischi intervertebrali sono formati da sostanzialmente da tre parti: una porzione periferica (anulus fibrosus), una porzione centrale (nucleo polposo) e una placca finale. Se le sollecitazioni a cui i dischi intervertebrali sono sottoposti sono eccessive o se, a causa di processi usuranti, si ha una degenerazione dei dischi può verificarsi, sotto la spinta del nucleo polposo, una rottura dell’anulus con conseguente ernia discale; si ha cioè una fuoriuscita del nucleo polposo dalla sua sede naturale.
Essenzialmente, quindi, all’origine di un’ernia cervicale vi sono traumi o processi usuranti; alcuni esempi sono rappresentati da problematiche quali colpo di frusta (più tecnicamente, distorsione del rachide cervicale), deficit muscolari e debolezza dei tessuti legamentosi, atteggiamenti posturali scorretti perduranti nel tempo, tensione muscolare cronica a carico di nuca e spalle (problematica tipica delle persone molto ansiose), artrosi cervicale, aumento dei carichi sul rachide cervicale, indebolimento fisiologico dei dischi intervertebrali (provocato dall’invecchiamento), vibrazioni sul rachide cervicale, sollecitazioni ripetute nel corso di lunghi periodi ecc.

Ernia cervicale molle ed ernia cervicale dura
Il termine ernia viene spesso associato a diversi aggettivi; in linea generale si parla di ernia contenutaernia espulsa ed ernia migrata; nel caso più specifico dell’ernia cervicale è usuale parlare di ernia cervicale molle e di ernia cervicale dura; con la prima espressione ci si riferisce a un’erniazione del solo nucleo polposo, mentre nel secondo caso ci si riferisce a ernie cervicali in cui si ha una degenerazione del nucleo polposo associata a osteofitosi (processo degenerativo caratterizzato dalla forma di neoformazioni a forma di becco dette osteofiti) dei corpi vertebrali. Alcuni autori ritengono che l’espressione ernia cervicale dura sia impropria e che sarebbe più corretto parlare di osteofitosi margino-somatica.
L’ernia cervicale molle è dovuta all’usura e alla degenerazione del disco intervertebrale, nella gran parte dei casi in seguito a un evento traumatico a un colpo di frusta. Nella gran parte dei casi (80% circa), l’ernia cervicale molle viene riscontrata a livello delle vertebre C6 e C7, mentre negli altri casi tra la vertebra C5 e la vertebra C6. I soggetti maggiormente interessati da questa variante di ernia sono le persone di età inferiore ai 50 anni; la sintomatologia che la caratterizza è costituita da dolore al collo che si irradia al braccio, dolore di maggiore intensità al momento del risveglio, torcicollo e sensazione di costante rigidità a livello cervicale.
L’ernia cervicale dura è meno frequente; in alcuni casi è associata a una stenosi del canale neurale. La sintomatologia, che tende a esordire gradualmente, è caratterizzata da un dolore radicolare al quale sono frequentemente associati deficit muscolari e alterazioni dei riflessi osteo-tendinei.


I sintomi dell’ernia cervicale
Il sintomo più eclatante dell’ernia cervicale è senza ombra di dubbio il dolore che in diversi casi è di notevole intensità. La dolenzia può irradiarsi lungo l’arto superiore (si parla di brachialgia) in diversi distretti di braccio, avambraccio e mano a seconda di quale radice spinale è coinvolta nel processo di erniazione. Se oltre alla brachialgia il soggetto affetto da ernia avverte dolore anche a livello cervicale si parla di cervico-brachialgia. Il dolore avvertito è quindi sostanzialmente dovuto alla compressione che l’ernia cervicale opera sulla radice nervosa. In diversi casi il dolore non è l’unico sintomo che caratterizza la patologia in questione; la compressione esercitata dall’ernia sulla radice nervosa può, infatti, anche dar luogo a deficit motori, parestesie, debolezza articolare ecc.; in alcuni casi l’ernia cervicale può spingere sul midollo spinale e ciò dà luogo a un quadro noto come mielopatia cervicale; quest’ultima è una malattia degenerativa su base artrosica che solitamente insorgono in modo progressivo in età avanzata; il sintomo più frequente è una certa difficoltà nella deambulazione legata a una sensazione di debolezza agli arti inferiori (che scompare a riposo) associata a un senso di pesantezza delle braccia e/o un senso di perdita di agilità delle mani.

Come trattare un’ernia cervicale?
Le opzioni di cura di un’ernia cervicale sono sostanzialmente di due tipi: medico-fisiatrico (terapia conservativa) e chirurgico (terapia chirurgica).

Terapia conservativa – La terapia medica ha lo scopo di ridurre al minimo il processo infiammatorio e la sintomatologia dolorosa. A tale scopo vengono generalmente utilizzati i FANS o, se si vuole che l’azione sia più intensa, associazioni di cortisonici e farmaci antidolorifici. Nel caso siano presenti spasmi muscolari possono venire prescritti, in associazione, anche farmaci ad azione miorilassante. In alcuni casi, per un certo periodo di tempo, è possibile che venga prescritto l’utilizzo di un collare; infatti l’irritazione meccanica causata dai movimenti del collo può esacerbare notevolmente la sintomatologia.
Ricordiamo che anche l'uso di integratori naturali come la condroitina solfato e glucosamina solfato danno un notevole risultato per diminuire il processo infiammatorio.
A seconda dei casi possono risultare utili la trazione, la laserterapia e la ionoforesi.

Terapia chirurgica – Nel caso in cui la terapia conservativa non sortisca gli effetti sperati si può pensare di ricorrere a un trattamento di tipo chirurgico.
La chirurgia dell’ernia cervicale è una chirurgia di tipo mini-invasivo. L’intervento chirurgico viene effettuato generalmente per via anteriore (discectomia anteriore) attraverso un’incisione del collo; l’approccio per via posteriore è riservato alle ernie cervicali laterali. Con la discectomia anteriore si effettua un posizionamento di gabbiette in materiale biocompatibile che distanziano i corpi vertebrali e ricostruiscono, nei limiti del possibile, la curva lordotica del rachide cervicale. La discectomia anteriore consente inoltre l’innesto di protesi discali artificiali che fungono da nuovo disco cervicale.
Nel 97-98% dei casi l’intervento di discectomia cervicale non dà luogo a complicanze; queste, quando si verificano, possono andare da infezioni del focolaio operatorio, a lesioni dei grossi vasi, a lesioni esofagee o nervose. In letteratura sono presenti anche casi di lesioni a carico del midollo.
Esistono altre tecniche di tipo chirurgico che possono essere utilizzate in caso di ernia cervicale quali per esempio stabilizzazione vertebrale (si effettua tramite innesto di placca e viti oppure con innesto di tassello osseo prelevato dalla testa iliaca; la stabilizzazione è indicata quando all’ernia cervicale sia associata instabilità vertebrale, ozonoterapia, coblazione (vedi paragrafo successivo), ma si tratta di tipologie di intervento che vengono eseguite quando l’ernia è associata ad altre patologie a carico del rachide vertebrale.
La convalescenza in caso di trattamento chirurgico dell’ernia cervicale si aggira sui 30-40 giorni; durante questo periodo ci si dovrà astenere da attività fisiche intense, dalla guida di veicoli e da posture prolungate evitando di caricare sulla parte superiore di tronco e braccia. Sono altresì da evitare lunghi viaggi in automobile, anche se da semplici passeggeri.

Ernia cervicale e coblazione
La coblazione è una tecnica di relativamente recente introduzione; viene effettuato in anestesia locale oppure con il paziente sottoposto a lieve sedazione. Il chirurgo inserisce, sotto controllo radiologico, una piccola sonda nello spazio discale interessato dal problema; qui vengono prodotte delle coblazioni (da cool ablations, ablazioni fredde) che riducono la tensione nel disco intervertebrale vaporizzandone parzialmente il nucleo polposo. Grazie alla decompressione ottenuta, la radice nervosa riconquista lo spazio perso, non è più a contatto con la sporgenza discale e, conseguentemente, non si irrita. L’intervento di coblazione ha una durata di circa un’ora, non viene praticata nessuna ferita chirurgica e il paziente può essere dimesso in tempi piuttosto brevi (uno o due giorni). Si tratta di una tecnica i cui rischi sono bassissimi.






lunedì 15 giugno 2015

Alcuni dei sintomi piu' comuni che sono il campanello d'allarme per problemi alla tiroide

 
La tiroide è una ghiandola fondamentale per il metabolismo e gioca un ruolo importante nella funzione di molti organi, inclusi il cuore, il cervello, il fegato, i reni e la pelle. Per la salute generale dell'organismo, è essenziale che la tiroide funzioni a dovere.
 
 
 
 
Se avete alle spalle una storia familiare di problemi alla tiroide, potreste correre un maggior rischio di sviluppare gli stessi. E' sempre bene informarsi riguardo alla propria storia familiare, in modo da poter agire in direzione della prevenzione di eventuali problemi.
I problemi alla tiroide più comuni sono rappresentati dall'ipotiroidismo e dall'ipertiroidismo, che possono causare numerosi cambiamenti ormonali e fisici nel nostro corpo, coinvolgendo il nostro peso, la pelle, i capelli e il nostro modo di vivere in generale.
Ecco alcuni dei sintomi più comuni di problemi alla tiroide.

1) Dolori muscolari e articolari

Dolori muscolari e articolari, tendinite e tunnel carpale possono essere considerati tra i sintomi di possibili problemi alla tiroide non diagnosticati. Per quanto riguarda l'ipotiroidismo si parla di: generale debolezza muscolare, dolori muscolari inclusi i crampi, tendinite alle gambe e alle braccia, sindrome del tunnel carpale. Mentre per l'ipertiroidismo si parla di: difficoltà a salire le scale, difficoltà ad afferrare gli oggetti con le mani e a sollevare le braccia sopra la testa. In alcuni casi le difficoltà possono includere i muscoli coinvolti nella deglutizione, quindi potrebbero presentarsi problemi a deglutire. 

2) Problemi alla pelle

La pelle è particolarmente vulnerabile nei confronti dei problemi alla tiroide. Nel caso dell'ipotiroidismo la pelle può mutare e diventare secca, ruvida, spessa e screpolata. Nell'ipertiroidismo invece la pelle può diventare molto fragile e sottile. E' dunque bene tenere conto dei sintomi che riguardano la pelle e cambiamenti più o meno improvvisi nella diagnosi dei problemi alla tiroide.

3) Caduta dei capelli

Così come la pelle, anche i capelli vengono coinvolti nei problemi alla tiroide. Nell'ipotiroidismo, ad esempio, i capelli possono diventare ruvidi e secchi, spezzarsi e cadere facilmente. Anche in caso di ipertiroidismo può presentarsi una abbondante perdita di capelli. E' dunque importante non sottovalutare i cambiamenti che possono interessare la nostra chioma per valutare il nostro stato di salute in riferimento alla tiroide.

4) Disordini intestinali

Il nostro intestino può essere facilmente coinvolto nei problemi alla tiroide sia per quanto riguarda la stitichezza sia per quanto concerne la diarrea e la sindrome del colon irritabile. La stitichezza è di frequente associata all'ipotiroidismo, mentre la diarrea o la sindrome del colon irritabile vengono associate all'ipertiroidismo.

5) Cambiamento di peso inatteso

Un acquisto o una perdita di peso che avvengano in modo inatteso e piuttosto rapido possono rappresentare un segnale di problemi alla tiroide. Un aumento di peso che arrivi dopo una dieta dimagrante e un programma di allenamento potrebbe indicare ipotiroidismo. Invece, un rapido calo di peso può essere dovuto ad una maggiore produzione di ormoni da parte della tiroide rispetto alle necessità dell'organismo.

6) Problemi mestruali e di fertilità

Mestruazioni con flusso più abbondante, più frequenti e più dolorose del solito vengono associate con l'ipotiroidismo, mentre mestruazioni più brevi, leggere o meno frequenti possono essere ricollegate all'ipertiroidismo. Anche i disturbi legati all'infertilità possono essere associati a problemi alla tiroide non diagnosticati.

7) Colesterolo alto

Avete il colesterolo alto? Forse non avete mai pensato che potrebbe trattarsi di un sintomo da ricollegare a problemi alla tiroide. Il colesterolo alto, specialmente quando i livelli non variano con la dieta, l'esercizio fisico e i medicinali per abbassarlo, può costituire un segno di ipotiroidismo. Più raramente livelli bassi di colesterolo possono essere un sintomo di ipertiroidismo.

8) Affaticamento e spossatezza

Spossatezza e un forte senso di affaticamento, che possono contribuire a farvi sentire sempre stanchi e privi di energia come se 8 0 10 ore di sonno per notte non bastassero per rendervi in grado di affrontare la giornata senza fare un pisolino, possono rappresentare sintomi di problemi alla tiroide. In particolare l'ipertiroidismo viene collegato all'insonnia, che non consente il riposo notturno e lascia esausti durante il giorno.

9) Sensazione di caldo o freddo eccessivo

Vi capita di sentire caldo o freddo senza una ragione apparente? Anche questo fenomeno può rappresentare un segno di problemi alla tiroide. Un cambiamento a livello ormonale, infatti, può interferire con la capacità del copro di regolare la propria temperatura. L'ipotiroidismo può portare a sentire freddo anche in una stanza calda o ad avere spesso mani e piedi freddi, mentre l'ipertiroidismo può causare sudore eccessivo e difficoltà a tollerare il caldo.

10) Ansia e depressione

Ansia e depressione possono rappresentare alcuni dei sintomi piuttosto comuni di problemi alla tiroide. L'ipotiroidismo di solito viene associato alla depressione, mentre l'ipertiroidismo viene ricollegato all'ansia e agli attacchi di panico. La depressione che non risponde all'assunzione di antidepressivi potrebbe essere il segnale di problemi alla tiroide non diagnosticati.
 
 
 

giovedì 11 giugno 2015

Articolazioni: struttura anatomica


Le articolazioni, sono zone in cui due o più ossa entrano in contatto tra di loro. Nel corpo umano esistono moltissime articolazioni (360 circa), che si distinguono per forma e grado di mobilità . Alcune di esse, come quelle che costituiscono la volta cranica, hanno una possibilità di movimento nulla.
La maggior parte delle articolazioni rientra tuttavia nella categoria delle diartrosi, giunture mobili caratterizzate da una struttura anatomica particolare. Esse sono infatti costituite da diversi elementi: le superfici articolari di due ossa; lo strato di tessuto cartilagineo; la capsula articolare; la cavità articolare; la membrana sinoviale; la sinovia ed i legamenti intrinseci. Vediamole nel dettaglio brevemente.

 CARTILAGINI ARTICOLARI

I capi articolari sono rivestiti da uno strato di cartilagine ialina, nota anche come cartilagine d'incrostazione o cartilagine articolare; è soffice, compressibile, estensibile e deformabile.
La sua funzione è paragonabile ad un cuscinetto ammortizzatore, capace di salvaguardare i rapporti articolari e permettere il movimento.

 MEMBRANA SINOVIALE E LIQUIDO SINOVIALE (o sinovia)

La cartilagine articolare, pur essendo un tessuto vivo, è priva di vasi sanguigni; inoltre, da sola, risulterebbe insufficiente per diminuire significativamente l'attrito tra le due estremità ossee. Articolazioni

Per questo motivo i capi articolari sono bagnati da un liquido, detto sinovia o liquido sinoviale.
Il liquido sinoviale ha funzione ammortizzante e nutriente, facilita lo scorrimento tra le due superfici articolari e viene secreto dalla membrana sinoviale. In sostanza, ha la stessa funzione di un lubrificante su di un cuscinetto.
La membrana sinoviale, che tappezza internamente la capsula articolare, delimita lo spazio articolare immerso nel liquido vischioso che essa produce (denominato, appunto, liquido sinoviale). Riveste le porzioni ossee contenute entro la cavità articolare, ma si arresta lungo i contorni delle cartilagini di incrostazione, le quali sono sprovviste di rivestimento (manca anche il pericondrio (una membrana di tessuto connettivo che avvolge le cartilagini, eccetto le porzioni articolari). Delimita, così, una cavità chiusa, nota come cavità articolare.
La membrana sinoviale è innervata e ricca di vasi sanguigni e linfatici (per facilitare la produzione della sinovia ed il riassorbimento di eventuali versamenti intrarticolari).

 CAPSULA ARTICOLARE

Procedendo dall'interno verso l'esterno, vediamo che l'articolazione è circoscritta perifericamente da una membrana fibrosa, chiamata capsula articolare (o capsula fibrosa), che si inserisce tra i segmenti ossei in connessione. I punti di inserzione sull'osso sono situati ad una certa distanza dalla cartilagine jalina che riveste le superfici articolari.
La capsula articolare è formata da tessuto connettivo fibroso che riveste completamente i due segmenti ossei esterni. Più in particolare, essa è costituita da due strati, di cui:
  • uno fibroso, esterno, di connettivo denso e continuo con il periostio e noto anche come capsula fibrosa;
  • uno sinoviale, interno al precedente, più sottile ed elastico; ricopre le superfici non cartilaginee e non è altro che la membrana sinoviale descritta nel punto precedente.
All'articolazione partecipano anche muscoli, tendini e legamenti.

 LEGAMENTI: sono dei cordoni connettivali che uniscono saldamente i capi ossei a cui sono collegati e gli impediscono di allontanarsi oltre una certa misura. Sono molto resistenti e possono situarsi all'interno o all'esterno della capsula articolare, impedendo o limitando i movimenti pericolosi.

TENDINI: mentre i legamenti uniscono tra loro due capi ossei, i tendini collegano i muscoli alle ossa; servono per stabilizzare l'articolazione e per trasmettere le forze tra gli elementi che mettono in connessione.

Oltre alle strutture ora ricordate, altre ancora possono prendere parte alla costituzione delle diartrosi. Esse sono: i cercini, i dischi e i menischi, i legamenti interarticolari ed i legamenti a distanza. Vediamole brevemente:
  • Cercine: struttura fibro-cartilaginea di forma ad anello con funzione di aumentare la superficie articolare del capo concavo per consentirgli di accogliere meglio il capo articolare convesso; famoso è quello glenoideo nell'articolazione scapolo omerale.

  • Dischi e menischi: strutture fibrocartilaginee a forma di disco (dischi) o di mezzaluna (menisco). Stabilizzano l'articolazione, aumentano la congruenza delle superfici articolari ed ammortizzano gli urti.

  • I legamenti interarticolari: collegano due segmenti scheletrici internamente alla capsula articolare. Non vengono però considerati intrarticolari perché avvolti dalla membrana sinoviale.

  • Legamenti a distanza: si trovano nelle vicinanze dell'articolazione, ma non hanno rapporti intimi con la capsula articolare.




< p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/articolazioni1.html">Articolazioni: struttura anatomia</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/articolazioni1.html</p>

domenica 7 giugno 2015

L'importanza dei sali minerali

Sebbene i sali minerali costituiscano una parte relativamente piccola dell'organismo umano (circa il 6,2% del peso corporeo), rientrano nella costituzione dei tessuti e rappresentano fattori essenziali per le funzioni biologiche e per l'accrescimento.
Essi possono essere classificati in:


Macroelementi o elementi presenti in discrete quantità nell'organismo: calcio, fosforo, magnesio, zolfo, sodio, potassio, cloro il cui bisogno giornaliero è dell'ordine dei grammi o dei decimi di grammo.


Oligoelementi o microelementi o elementi presenti in tracce nell'organismo, il cui fabbisogno giornaliero è dell'ordine dei milligrammi o dei microgrammi. Negli ultimi anni, grazie a sofisticate tecniche analitiche, è stato possibile evidenziare le svariate funzioni che gli oligoelementi esercitano nell'organismo valorizzandone l'importanza nutrizionale.
Gli oligoelementi possono essere a loro volta suddivisi in:

< p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html">Sali minerali</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html</p>

essenziali (ferro, rame, zinco, iodio, selenio, cromo, cobalto, fluoro): minerali indispensabili per l'organismo, fanno parte di molecole organiche preposte a ruoli vitali; una loro carenza comprometterebbe funzioni fisiologiche importanti
probabilmente essenziali (silicio, manganese, nichel, vanadio);
potenzialmente tossici (arsenico, piombo, cadmio, mercurio, alluminio, litio, stronzio): svolgono probabilmente funzioni importanti a bassissime concentrazioni.

< p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html">Sali minerali</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html</p>

La tossicità dei minerali dipende essenzialmente dalla quantità che di essi perviene all'organismo, quindi sono tutti potenzialmente tossici a dosi elevate.
Per valutare l'essenzialità o la tossicità di un elemento bisogna valutarne la biodisponibilità ovvero la quota ingerita che viene effettivamente assorbita, trasportata al sito d'azione e convertita nella forma attiva.
La biodisponibilità di un elemento è influenzata da diversi fattori interagenti tra loro, alcuni intrinseci (specie, genotipo, età, sesso, stato fisiologico, stato nutrizionale e di salute, microflora intestinale ecc.), altri estrinsechi (forma chimica del minerale, presenza di fattori antinutrizionali che ne limitano l'assorbimento o che, viceversa, lo favoriscono).

< p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html">Sali minerali</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html</p>
I sali minerali sono presenti nell'organismo umano sia legati alle molecole organiche, sia in forma inorganica in due differenti stati:


allo stato solido: come cristalli, nelle ossa e nei denti;
in soluzione, sia in forma ionizzata che non-ionizzata.


I sali minerali possono passare da uno stato all'altro come accade ad esempio per il calcio, che in caso di ipocalcemia, viene spostato dalle ossa (dove si trova in forma cristallina) al plasma (in forma ionica).
In definitiva i sali minerali svolgono numerose funzioni di controllo, di regolazione e di struttura.
Funzioni svolte da più minerali sono la regolazione osmotica e il mantenimento dell'equilibrio acido-base.
Un'alimentazione varia e razionale è da sola in grado di soddisfare il fabbisogno di sali minerali; tuttavia per alcuni di essi come calcio, ferro e iodio si può facilmente andare incontro a sindromi da carenza, soprattutto in condizioni fisiologiche particolari quale la gravidanza.


< p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html">Sali minerali</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/sali-minerali/sali-minerali.html</p>
ELEMENTO
FUNZIONE
CIBO CHE LO CONTIENE

CALCIO (Ca)
Forma il materiale rigido di ossa e denti. Regola la coagulazione del sangue e il funzionamento dei muscoli. Se manca le ossa si indeboliscono.
Latte e derivati, ortaggi verdi, legumi, cereali

FOSFORO (P)
Insieme al calcio contribuisce alla formazione del materiale rigido di ossa e denti. E' importante per le trasformazioni energetiche che avvengono nelle cellule.
Latte, carne, pesce, uova, fegato, cereali, legumi.

POTASSIO (K)
Regola gli scambi tra le cellule e i liquidi corporei.
E' presente in tutti i cibi, soprattutto cereali,  verdure e carne.

SODIO (Na)
Regola gli scambi tra cellule e liquidi corporei. E' utile per il bilancio dell'acqua nell'organismo.
E' il costituente, insieme al cloro, del sale da cucina.

CLORO (Cl)
E' importante per la formazione del succo gastrico.
E' il costituente, insieme al sodio, del sale da cucina.

MAGNESIO
(Mg)
Attua alcune reazioni chimiche nell'organismo.
Cereali, legumi, mandorle, noci.

FERRO (Fe)
Entra a far parte della molecola di emoglobina che costituisce i globuli rossi. Trasporta ossigeno e anidride carbonica nel sangue. Se manca si hanno forme di anemia.
Carne, fegato, uova, legumi, cereali, verdura.

ZOLFO (S)
Entra nella costituzione delle proteine.
Carne, pesce, latte e derivati, legumi, cereali.

MANGANESE (Mn)
Attua alcune reazioni chimiche nell'organismo.
Farine integrali, noci, cereali, vegetali verdi, carne.

IODIO (I)
Regola l'attività della ghiandola tiroidea. Se manca si ha l'ingrossamento della ghiandola e il caratteristico gozzo.
Sale marino, pesce e molluschi marini, verdure, uova.


 

mercoledì 3 giugno 2015

Endometriosi una patologia poco conosciuta, che colpisce milioni di donne, spesso con molti disagi.....alcune informazioni di base

L’endometriosi è una malattia ancora poco conosciuta che colpisce le donne in età fertile: si stima che solo in Italia ne siano colpite 3 milioni di donne, addirittura 1 su 2 nella fascia di età che va dai 29 ai 39 anni. La malattia è causata da alcune cellule della mucosa uterina che si impiantano in regioni diverse dall’utero femminile: parte esterna dell’utero, ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino, vescica e più raramente in altri organi come polmoni e cute.



Uno dei principali problemi relativi all’endometriosi è la difficoltà di diagnosi: molto, troppo spesso, si giunge alla diagnosi corretta dopo innumerevoli cicli. I crescenti dolori associati al ciclo mestruale vengono considerati fisiologici e gli approfondimenti terapeutici vengono posticipati.

Per comprendere meglio il problema è però necessario fare un passo indietro per ricordare alcuni dei principi che sono alla base del ciclo mestruale: durante il ciclo il corpo della donna sessualmente matura fa aumentare le dimensioni dell’endometrio (la mucosa che riveste internamente l’utero) per accogliere l’ovulo in caso di fecondazione. Se la fertilizzazione e la gravidanza non vanno avanti, l’utero si libera del rivestimento attraverso le mestruazioni, che permettono di eliminare i tessuti prodotti non più necessari.
L’intero processo descritto così superficialmente è interamente è finemente regolato dagli ormoni femminili, le cui quantità relative fungono da interruttori per le diverse fasi del processo:
  • Aumento delle dimensioni dell’endometrio,
  • Cambiamento del rivestimento in preparazione ad un’eventuale gravidanza,
  • Eliminazione dei tessuti e del sangue in eccesso non più necessario poichè non è avvenuta la fecondazione.
Ogni singola cellula dell’utero obbedisce quindi ai segnali ormonali modificando sè stessa, compresi gli impianti cellulari uterini che si trovano in altri distretti dell’organismo: se i tessuti all’interno dell’utero vengono eliminati attraverso il flusso mestruale, lo stesso non può accadere all’esterno dell’utero, provocando quindi ciclo dopo ciclo un continuo ingrossamento degli impianti ed un contemporaneo aumento del dolore.
Il risultato è un ristagno interno di sangue, con decomposizione del tessuto sfaldato a partire dalle lesioni, infiammazione delle aree circostanti e formazione di tessuto cicatriziale associati a comparsa di infiammazione e quindi dolore.
La risposta dell’organismo a questi danni tissutali è la cicatrizzazione, cioè la produzione di tessuto fibroso meno elastico e meno funzionale di quello originario. Spesso questo meccanismo di riparo produce aderenze tra i diversi organi della cavità addominale, ostacolandone i movimenti e la corretta funzionalità.


CAUSE

Le cause dell’endometriosi sono ancora poco conosciute: alcuni fattori di rischio sembrano essere la giovane età e la famigliarità con la malattia (altri casi verificatisi in famiglia).
Una delle teorie più accreditate riconosce parte delle cause dell’endometriosi nelle mestruazioni retrograde: è infatti accertato che il flusso mestruale possa talvolta percorrere il percorso inverso a quello corretto risalendo attraverso le tube e disperdendo quindi cellule uterine al di fuori dei consueti tessuti: qualcuno ipotizza che questo avvenga più o meno spesso in tutte le donne ma, solo nei soggetti predisposti, evolva in malattia.

Una seconda ipotesi prevede che le cellule responsabili vengano disperse in alcune regioni dell’organismo trasportate dai vasi linfatici e dal torrente circolatorio.
C’è poi chi ipotizza che alcune donne possiedano fin dalla nascita degli impianti di cellule uterine esternamente all’utero.

Sintomi

I principali sintomi dell’endometriosi sono forti dolori addominali o pelvici, continui o discontinui, spesso associati al ciclo mestruale: è difficile valutare con esattezza la severità di un dolore fisiologico del ciclo, sicuramente in presenza di sintomi debilitanti e causa di assenza da scuola/lavoro potrebbe valere la pena approfondire il problema.
L’intensità del dolore non è in rapporto né all’estensione e/o alle dimensioni delle lesioni né alla gravità della malattia.
Ulteriori sintomi che possono essere segno di patologia sono:
  • dolore a seguito di rapporti sessuali (64% dei casi),
  • stipsi o dissenteria, spesso alternate,
  • dolore ovarico intermestruale,
  • dolore durante l’evacuazione,
  • perdita di sangue dal retto,
  • sangue nelle urine,
  • infertilità (30/35% dei casi),
  • aborti spontanei,
  • affaticamento cronico,
  • menorragia (mestruazione abbondante),
  • metrorragia (perdita di sangue al di fuori della mestruazione),
  • dismenorrea.

Diagnosi e laparoscopia

Come precedentemente accennato diagnosticare l’endometriosi non è facile, perchè i sintomi possono essere facilmente scambiati con altre patologie.
L’unico accertamento diagnostico che permette di stabilire con certezza il problema è la laparoscopia, un intervento effettuato in anestesia totale che permette di diagnosticare l’endometriosi, valutarne la gravità ed eventualmente intervenire per la risoluzione.

La laparoscopia, di cui è possibile visionare filmati reali su YouTube, è una operazione chirurgica addominale effettuata esclusivamente attraverso piccole incisioni (da 0.5 cm a 1.5 cm) attraverso l’uso del laparoscopio, uno strumento che possiamo immaginare come un tubo rigido sottile dotato due canali ottici: un canale porta la luce all’interno, mentre l’altro trasmette all’esterno l’immagine degli organi addominali.

Nel caso dell’endometriosi grazie alla pratica di tre o quattro piccoli buchi, uno a livello dell’ombelico, uno a livello dell’attaccatura dei peli pubici e uno o due laterali, viene inserito uno strumento a fibre ottiche che permette al chirurgo di vedere, ingrandita sullo schermo di un monitor, la cavità peritoneale. Per poter lavorare meglio, è necessario che sia insufflata dell’anidride carbonica, un gas che tiene disteso l’addome e permette una migliore esplorazione degli organi ed eventuale rimozione degli impianti.
Seppur poco invasiva, la laparoscopia richiede comunque l’anestesia totale, sono quindi stati messi a punto alternative diagnostiche, seppure associate ad una certezza di diagnosi inferiore: ricordiamo in particolare l’ecografia ovarica trans-vaginale, dosaggio del CA125 e visita manuale.

Cura e terapia

L’endometriosi non può essere definitivamente curata, tuttavia è possibile raggiungere un soddisfacente controllo dei sintomi: la prima terapia di supporto è spesso il ricorso all’utilizzo della pillola contraccettiva che, prevenendo l’ovulazione, riduce l’ingrossamento dell’endometrio e contemporaneamente il dolore associato al ciclo. In alcuni casi la pillola viene prescritta in continuo, ossia eliminando i 7 giorni di sospensione.

In alternativa a questa possono essere prescritti altri farmaci ormonali con il medesimo obiettivo.
Il ricorso all’operazione chiururgica, attraverso la laparoscopia o tramite operazione tradizionale, è di norma seguito quando i farmaci assunti per via orale non si rivelano sufficienti, ma anche in questo caso potrebbe non essere una soluzione definitiva.

Alimentazione ed endometriosi

Recentemente è stato suggerito ed in parte confermato da alcuni studi che una corretta alimentazione possa ridurre fino al 40% il rischio di sviluppo della malattia.
Si consiglia un abbondante consumo di frutta e verdura, mentre sono da ridurre:
  • carni rosse,
  • zuccheri semplici (compresi miele e fruttosio),
  • latticini (per la presenza di pestici agricoli ed ormoni somministrati all’animale).

Per approfondire




lunedì 1 giugno 2015

Un po' di chiarezza sugli aminoacidi, funzione, classificazione....

Oggi parliamo di un argomento molto dibattuto tra il mondo dello sport in genere e in questo periodo ulteriormente interessato è anche il mondo dei runners, visto la commercializzazione di integratori di aminoacidi negli sport di endurance. Vedremo di chiarire alcune aspetti su quali sono le loro funzioni, sull’eventuale utilità negli sport, sulle loro problematiche fisiche se il consuma diventa spropositato e non mirato e personalizzato alle esigenze del proprio organismo.




Definizione

Gli aminoacidi sono l'unità strutturale primaria delle proteine, praticamente è possibile considerarli come mattoncini che, uniti da un legame peptidico, formano una lunga sequenza che dà origine ad una proteina. Accade che all’interno dello stomaco e del duodeno i legami peptidici vengono rotti e di conseguenza i singoli aminoacidi giungono all’intestino tenue e vengono assorbiti dall’organismo.

Funzioni degli aminoacidi

La funzione primaria degli aminoacidi abbiamo visto che è quelle di intervenire nella sintesi proteica, necessaria per far fronte ai processi di rinnovamento cellulare dell'organismo. Oltre a questa funzione, detta "plastica", gli aminoacidi hanno anche una modesta, ma non trascurabile importanza nella produzione energetica (aminoacidi ramificati) . Alcuni aminoacidi sono inoltre precursori di  composti che svolgono importanti funzioni biologiche. Ad esempio dal Triptofano si ottengono la Niacina , la serotonina (neurotrasmettitore) e la melatonina (regolatore dei ritmi circadiani soglio / veglia).
Dalla Metionina e Cisteina si ottiene il glutatione, importante antiossidante utile per combattere i radicali liberi . Tra questi i più conosciuti in campo sportivo sono la Creatina (utile per incrementare capacità e potenza anaerobica alattacida e lattacida) e la Carnitina che facilita il trasporto dei lipidi all'interno del mitocondrio).

Classificazione degli aminoacidi

Come abbiamo menzionato pocanzi gli aminoacidi entrano a far parte della sintesi proteica, ma nonostante in natura ci siamo numerosi aminoacidi, solo 20 intervengono in questo processo. Se prendiamo in considerazione l’aspetto nutrizionale, gli aminoacidi possono essere a loro volta divisi in due grandi gruppi: quello degli aminoacidi essenziali e quello degli aminoacidi non essenziali. L’alimentazione di un soggetto, soprattutto se sportivo, dovrebbe fornire tutti gli aminoacidi essenziali per fare in modo di sintetizzare quelli non essenziali. Come abbiamo visto in natura esistono alimenti che contengono quantitativi sufficienti di tutti gli aminoacidi essenziali (carni, uova, pesce e latticini). Alcuni cibi invece presentano una mancanza di aminoacidi essenziali, e si possono annoverare come proteine incomplete, generalmente presenti negli alimenti di origine vegetale.

AMINOACIDI ESSENZIALI: aminoacidi che l'organismo umano non riesce a sintetizzare in quantità sufficiente per far fronte ai propri bisogni quotidiani, soprattutto se queste richieste aumentano come in caso di attività fisica quotidiana. Essi possono essere classificati in

·         Fenilalanina,

·        Isoleucina,

·         Lisina,

·        Leucina,

·         Metionina,

·         Treonina,

·         Triptofano

·        Valina

Sono considerati anche aminoacidi essenziali  per alcune loro funzioni la cisteina e la Tiroxina, sintetizzate a partire da metionina e fenilalanina. E ancora abbiamo Arginina, Glicina, Glutammina .  

Fabbisogno quotidiano
Il fabbisogno quotidiano di aminoacidi essenziali varia in base alle diverse caratteristiche del soggetto e al suo stato di salute:
  • Tipo di sport
  •  Frequenza allenamenti
  • Metabolismo soggetto
  •  Dal sesso
  • Dalla massa muscolare
  • Dal grasso corporeo (diminuisce metabolismo)
Assunzione consigliata
  • Soggetto sedentario:  0,8 gr x kg peso corporeo
  • Soggetto attivo: 1/2 gr  x kg peso
Come si può vedere per soddisfare tale fabbisogno è sufficiente assumere un grammo di proteine per ogni kg di peso corporeo al giorno , nel caso in cui ci sono situazioni particolari , come gli sportivi si potrebbe pensare a una integrazione e aumento del quantitativo giornaliero. Poi ci possono essere delle specifiche carenze in casi di disordini alimentari o per scelte etiche di vita, come la dieta vegana, protratte per lunghi periodi di tempo. Non è da trascurare il fatto che le proteine e quindi gli aminoacidi, come vedremo successivamente, possono essere utilizzare come fonte di energia in casi particolari, quindi se ad esempio l'apporto calorico giornaliero è limitato,  buona parte degli aminoacidi viene infatti utilizzata per produrre energia. L'aumentato fabbisogno può tuttavia essere coperto semplicemente aumentando l'assunzione calorica complessiva.

Aminoacidi rafimicati
Oltre agli aminoacidi essenziali e non essenziali abbiamo anche gli Aminoacidi Ramificati conosciuti con la sigla “ BCAA”, tra questi si possono distinguere in tre aminoacidi essenziali (Valina, Isoleucina e Leucina) che in particolari condizioni, come potrebbe essere durante uno sforzo fisico intenso e prolungato, vengono utilizzati come substrato energetico ausiliario di grassi e carboidrati. Questa funzione energetica rientra nel processo biochimico chiamato (Glucogeogenesi). Essi devono essere introdotti obbligatoriamente con la dieta perché il nostro organismo non è in grado di produrli autonomamente. Accade che dopo la loro assunzione , gli aminoacidi ramificati non vengono metabolizzati dal fegato, ma dopo essere stati assorbiti nell'intestino tenue, vengono captati direttamente dai muscoli dove possono essere utilizzati per riparare le strutture proteiche danneggiate o per scopi energetici. Abbiamo visto diverse volte che in passato si riteneva che le proteine venivano utilizzate a scopo energetico solo alla fine di un allenamento o gara prolungata, in quanto prima venivano sfruttati carboidrati, grassi come combustibile principale, mentre quando ci fosse una giusta quota di carboidrati e grassi, lo sforzo non fosse intenso e prolungato le proteine non venivano utilizzate. Adesso sembra che l'ossidazione degli aminoacidi a scopo energetico si verifica già nelle prime fasi dell'esercizio e addirittura acquisisce sempre più importanza con il perdurare e l'intensificarsi dello stesso. L'utilizzo dei BCAA a scopo energetico è legato alle scorte energetiche del corpo (lipidi e glucidi), tanto più queste sono ridotte e tanto maggiore sarà l’utilizzazione degli aminoacidi a scopi energetici. Si può affermare che la corsa, considerata come un’attività di endurance, se particolarmente prolungata, come può essere una Maratona o Ultramaratona, non fa altro che portare a una limitazione della sintesi proteica , dovuta proprio al fatto che gli aminoacidi vengono utilizzati come fonte energetica. In pratica potrebbe accadere e molte volte succede se anche l’alimentazione è limitata, una “cannibalizzazione della muscolatura”, in pratica l’organismo utilizza i muscoli per fornire energia perché le richieste energetiche sono superiori alle disponibilità del momento. Tutto ciò è possibile constatarlo non solo durante attività fisica, ma anche nella fase di recupero per riparare le fibre muscolari che sono state danneggiate dai continui impatti col terreno e dai microtraumi avvenuti a ogni passo di corsa. Con la loro azione gli aminoacidi ramificati BCAA, sono anche in grado di contrastare la produzione di acido lattico, di ostacolare la stanchezza mentale da affaticamento e di preservare le difese immunitarie. Abbiamo visto in diversi articoli l’importanza della Glutammina a questo proposito, nell'attività immunitaria, nell'aumento di volume delle cellule muscolari, nella sindrome da sovrallenamento, nel recupero dopo uno sforzo fisico, nello stimolo di secrezione dell'ormone della crescita, nell'azione antiossidante. Gli studi evidenziano che l’integrazione della Glutammina post allenamento insieme a una fonte di carboidrati permette un miglior reintegro e ricostruzione delle riserve di glicogeno depauperato dopo una corsa prolungata.


INTEGRAZIONE AMINOACIDI PER I RUNNERS (e sportivo in genere)
Premesso che l’alimentazione sia equilibrata, facciamo buon uso di carboidrati favorevoli (a basso indice glicemico),  utilizziamo tutte le fonti proteiche che abbiamo a nostra disposizione , inseriamo la giusta quota di grassi monoinsaturi, vediamo come possiamo utilizzare al meglio una integrazione di aminoacidi  ramificati. Secondo le linee guida del ministero della sanità l’assunzione giornaliera degli aminoacidi ramificati (tenendo presente i tre composti di leucina, isoleucina, valina) deve corrispondere a 5gr con un rapporto tra i diversi aminoacidi ramificati che sia di: 2:1:1 in ordine di Leucina, Isoleucine e Valina. In linea generale l’assunzione per uno sportivo si aggira intorno 6 gr al giorno per un soggetto di 70kg. Volendo spiegare quello che accade durante l’attività fisica prolungata, possiamo affermare che si verifica un bilancio azotato negativo per via dell’utilizzo degli aminoacidi a scopo energetico, come menzionato precedentemente. Il consumo di aminoacidi ramificati aumenta per produrre glucosio nel fegato e apportare l’energia necessaria all’organismo. Tutto ciò fa pensare che l’assunzione di un integratore di aminoacidi ramificati post allenamento possa migliorare il recupero e che prima dell’attività fisica migliori alcune risposte dell’organismo.

PRO E CONTRO DI UNA INTEGRAZIONE DI AMINOACIDI
Quello che sicuramente molti sportivi si chiedono è se effettivamente possa essere utile e necessario un assunzione di aminoacidi se la diete è comunque completa e equilibrata. Quello che realmente si può affermare a riguardo dell’integrazione degli aminoacidi (e dell’integrazione in generale), è data dal fatto che rispetto all’assunzione di proteine alimentari, gli aminoacidi presenti nel prodotto di integrazione è prontamente utilizzabile rispetto a una fonte proteica alimentare che necessita di un processo digestivo e di assorbimento sicuramente più complesso e quindi più lento.
  • PRIMA DELL’ALLENAMENTO
Come tutti gli alimenti anche per quanto concerne le fonti proteiche (soprattutto le fonti proteiche) andrebbero ad affaticare il sistema digestivo sottraendo sangue ai muscoli in attività. Mentre l’assunzione di integratori di aminoacidi ramificati possono invece essere assunti con maggior semplicità ed efficacia senza sovraccaricare più di tanto l'apparato digerente e possono preservare le masse muscolari dedite all’attività fisica.
  • DOPO ALLENAMENTO
Quindi sicuramente dopo una corsa aerobica intensa e prolungata il nostro organismo deve fare in modo di disintossicarsi dai cataboliti prodotti durante l’attività fisica, e un integrazione di aminoacidi con la giusta dose di alimenti prevalentemente alcalini permette tutto ciò. Come tutte le integrazioni anche quella per gli aminoacidi ramificati deve essere tarata in base alle proprie esigenze per evitare rischi per la propria salute e un sovraccarico dell’organismo
Come ho sempre menzionato e ribadisco, l’integrazione deve essere personalizzata per le esigenze personale, nessun integratore se non abbinato a una equilibrata alimentazione e a un allenamento mirato può stravolgere la vostra performance, ma se utilizzato con criterio può apportare i dovuti giovamenti alla vostra condizione fisica e prestazione in generale soprattutto se il vostro allenamento è prolungato e intenso.